Il 76% dei lavoratori e delle lavoratrici italiane ha sperimentato almeno un sintomo di burnout. A 1 persona su 5 è stato diagnosticato.
È quanto emerge dalla ricerca BVA Doxa commissionata da Mindwork, prima società italiana per la consulenza psicologica online in ambito aziendale che, in vista della Giornata Mondiale per la Salute Mentale ha indagato il benessere psicologico delle lavoratrici e dei lavoratori di aziende che operano in Italia.
La ricerca, giunta alla sua quarta edizione è dedicata ai vissuti, ai bisogni e ai desiderata dei lavoratori e delle lavoratrici di aziende che operano in Italia. Dai risultati emerge un dato significativo: il 76% ha sperimentato almeno uno dei principali sintomi del burnout – sensazione di sfinimento, calo dell’efficienza lavorativa, aumento del distacco mentale, cinismo rispetto al lavoro – una percentuale in crescita del +14% rispetto allo scorso anno. Il sintomo più diffuso è la sensazione di sfinimento mentre per la GenZ, nello specifico white collar, il sintomo più frequente risulta essere il calo dell’efficienza lavorativa (56%).
La ricerca ha indagato anche l’effettiva diagnosi di burnout: ad averla ricevuta, 1 persona su 5. Ciononostante, è diffusa la difficoltà ad assentarsi dal lavoro per prendersi cura di sé, specialmente tra i e le blue collar: solo il 19% ha effettuato più di 5 giorni di assenza dal lavoro a causa di questo fenomeno. La percentuale sale invece per white collar (55%) e dirigenti (62%).
Il 58% delle persone che sperimenta malessere psicologico nella propria vita personale, vive la stessa condizione anche a lavoro e viceversa. In particolare, 1 persona su 2 dichiara di soffrire di ansia e insonnia per motivi legati al lavoro. Inoltre, 1 persona su 2 sperimenta condizioni di stress elevato; dato che appare ancora più critico per i e le dirigenti (61%), confermando l’andamento dello scorso anno.
Purtroppo, sempre in continuità con i dati 2022, l’ambiente di lavoro si conferma come meno adatto ad esprimere il proprio malessere rispetto al contesto familiare (41%). Più della metà degli intervistati afferma di aver lasciato il lavoro per motivi di malessere emotivo ad esso correlato (54%) durante la propria carriera, fenomeno in evidenza per Gen Z e Millennials, in cui la percentuale aumenta rispettivamente del 66% e del 59%.
Oltre 9 persone su 10 ritengono essenziale la promozione del benessere psicologico da parte dell’azienda (96%). Tuttavia, nel 67% delle organizzazioni italiane il servizio di supporto psicologico non è presente. Laddove disponibile, viene valutato positivamente dal 51% dei lavoratori e delle lavoratrici appartenenti alla categoria blue collar. In notevole crescita anche la quota di persone che valuterebbero positivamente la messa a disposizione del servizio di supporto psicologico (73%), più precisamente relativamente ai white collar (76%) e blue collar (79%).
Dato indicativo quello riguardante i e le caregiver, il cui 88% dichiara che questo ruolo ha un impatto considerevole sul proprio benessere psicologico: 6 su 10 dichiarano la necessità di supporto da parte dell’impresa nella gestione del proprio ruolo (59%), sebbene solo il 20% sente di riceverlo.
Allo stesso modo, per l’89% di lavoratori e lavoratrici con figli, il ruolo genitoriale ha un impatto significativo sul proprio benessere psicologico. Più precisamente, 1 genitore su 2 riferisce il bisogno di supporto da parte dell’azienda nella gestione dei propri figli (48%). Tuttavia, solo il 25% ritiene di riceverlo.