Nel 2019 il 68% dei consumatori italiani ha dimostrato di avere familiarità con l’espressione “casa intelligente” (+9% rispetto al 2018) anche se la diffusione degli oggetti smart nelle case della nostra penisola è rimasta in linea con i dati 2018 (poco più del 40%). È invece aumentato il numero di dispositivi posseduti, con sensori per porte e finestre (16%), telecamere (15%) e altoparlanti o casse audio (14%) in cima alla classifica. A questa crescente consuetudine con gli strumenti tecnologici intelligenti si affiancano però i timori dei cittadini nei confronti dei rischi legati alla violazione della privacy, tanto che il 54% è restio a condividere i propri dati personali. Queste le evidenze emerse dall’ultima ricerca BVA Doxa per l’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano, presentata il 18 febbraio scorso al convegno “Smart Home: dove c’è IoT, c’è casa”.
Italia e Smart Home: a che punto siamo? A fornire alcune risposte a uno dei più attuali quesiti relativi alla relazione tra tecnologia e quotidianità ci pensa l’ultima ricerca BVA Doxa per l’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano. L’indagine, coordinata dal team responsabile dell’Osservatorio Nazionale CasaDoxa – Paola Caniglia, Head of BU Retail e Andrea Tozzi, Senior Research Manager – ha evidenziato come nel 2019 il 68% dei consumatori italiani ha sentito parlare di casa intelligente almeno una volta, segnando un aumento del 9% rispetto al 2018. Tale dato, inoltre, sale al 77% se si considera la fascia d’età degli under 35. Sullo sfondo di un simile incremento vanno poi considerati i risultati economici di un settore in continua espansione: infatti, secondo i dati pubblicati dall’Osservatorio Internet of Things, nel 2019 il mercato italiano della Smart Home ha raggiunto un valore di 530 milioni di euro, pari a un aumento del 40% rispetto all’anno precedente che ci posiziona al quarto posto in Europa dopo Germania e Regno Unito (2,5 miliardi ciascuno, +38% e +47% sul 2018) e Francia (1,1 miliardi, +37%).
SMART DEVICE: VIAGGIO NELLE CASE DEGLI ITALIANI – La diffusione di dispositivi tecnologici utili a facilitare la vita quotidiana nelle case italiane è rimasta stabile se confrontata con il 2018 (poco più del 40%). È però aumentato il numero di dispositivi posseduti: i primi posti della classifica sono occupati da sensori per porte e finestre (presenti nelle case del 16% del campione), telecamere (15%) e altoparlanti o casse audio (14%). Seguono, poi, videocitofoni e serrature (12%), soluzioni per il riscaldamento (9%), assistenti vocali (8%), lampadine (8%), grandi elettrodomestici (7%) e caldaie (6%). Oltre a una crescita nella quota di coloro che sanno utilizzare le funzionalità smart (65%, +7% sul 2018), un 10% di consumatori in più rispetto al 2018 si è detto in grado di installare i dispositivi in autonomia, senza l’aiuto di un professionista (64%).
CHE COSA FRENA LA CRESCITA? – Se da un lato il mercato è in crescita, dall’altro è ancora nutrito il gruppo di chi è scettico nei confronti dell’uso di dispositivi smart a casa. Per il 18% degli italiani gli smart device sono troppo complessi, mentre il 10% dichiara di non trarre benefici dal loro eventuale utilizzo. Il 6% ha difficoltà a usare le app necessarie per la gestione dei dispositivi. Solo il 37% dei consumatori si dichiara interessato ad acquistare prodotti per la Smart Home in futuro, con appena l’11% che intende farlo nel 2020 e il 26% che lo prevede nei prossimi tre anni. Per quanto riguarda le aspettative dei consumatori italiani, le funzionalità e i dispositivi al momento più desiderati sono le soluzioni per il riscaldamento (23%), i grandi elettrodomestici (21%), le lampadine (15%), le telecamere (15%) e le caldaie (12%). Infine, l’ottimismo tecnologico è intaccato dai timori dei cittadini per i rischi legati alla cyber security e alla violazione della privacy: il 54% degli italiani è restio a condividere i propri dati personali (+3% rispetto al 2018).