Indagine risparmio e scelte finanziarie degli italiani 2015

Si riduce l’incertezza che congelava le decisioni delle famiglie, anche se prevalgono ancora cautela e prudenza

Nel 2015 aumentano i risparmiatori, +5% rispetto al 2012

Cresce il risparmio gestito. Negli ultimi due anni la percentuale degli investitori è passata dal 9 al 12%

Fine della crisi, sicurezza del lavoro e tranquillità pensionistica: le tre aspirazioni della “middle class” italiana

E’ stata presentata oggi, 21 Luglio 2015 a Torino, “L’Indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2015” , un progetto del Centro Einaudi e di Intesa Sanpaolo, basato su interviste effettuate da Doxa fra gennaio e febbraio 2015 a 1.076 famiglie detentrici di conto corrente bancario e/o postale.
La svolta del 2015 è per lo più dovuta alla riduzione dell’incertezza che congelava le decisioni delle famiglie. Nonostante la ripresa appaia nell’andamento di numerose variabili reali, nell’edizione di quest’anno dell’indagine prevalgono ancora la cautela e la prudenza: la percezione dei miglioramenti deve ancora trasmettersi in pieno alle famiglie e trasformarsi in decisioni di spesa, come dimostrano gli andamenti del risparmio e dei consumi.

Quanto al reddito, l’indagine conferma che si è quasi arrestata la tendenza a dichiararlo in calo rispetto alle necessità del tenore di vita.
Nel 2015 il numero di soggetti completamente indipendenti dal punto di vista finanziario si mantiene pressoché ai livelli del 2014 (circa 86 per cento), anche se si assiste ancora allo
«scivolamento» di una piccola parte del campione dall’area dell’indipendenza solo parziale a quella della totale dipendenza. Nel confronto con l’anno passato, si rileva un peggioramento della situazione per le donne e per le fasce d’età più giovani (meno di 25 anni).

Risparmio e pensioni tra aspettative e prudenza. Se è ancora elevata la quota di famiglie che è costretta dalla crisi a ridurre il proprio tenore di vita (51 per cento, dal picco del 56 per cento nel 2013), una percentuale quasi identica lo fa per motivi precauzionali, confermando una ripresa di controllo del proprio bilancio.

Un paese cash poor – house rich. La quota di famiglie che occupano una casa di proprietà cresce da circa il 76 per cento del 2000 a circa il 79 per cento del 2015. A seguito della crisi si osserva una drastica riduzione di chi ritiene l’immobile l’investimento migliore o più sicuro.

Investimenti: primi effetti del ritorno della fiducia. Gli investitori hanno storicamente prestato attenzione, pur con diversa intensità, alle differenti finalità di un investimento (liquidità, sicurezza, rendimento di breve periodo e rendimento di lungo periodo). Con l’arrivo della crisi, però, il fattore sicurezza ha acquisito il dominio delle preferenze: a partire dal 2013, oltre la metà degli intervistati ha indicato la certezza di non perdere il capitale come il primo aspetto al quale prestare attenzione.

Cresce il risparmio gestito. I più giovani e più interessati ai rendimenti di medio-lungo termine si stanno invece guardando intorno per diversificare. Dopo la crisi dei subprime e fino al 2013 si è osservata una diminuzione degli investitori nel risparmio gestito, ma negli ultimi due anni c’è stata un’inversione di tendenza, con l’aumento degli investitori dal 9 a quasi il 12 per cento.

Pochi e bene informati coloro che investono in azioni. Sul fronte del mercato azionario gli investitori italiani, più volte provati da variabilità dello scenario macroeconomico e della fiducia, hanno acquisito negli ultimi anni un atteggiamento sempre più prudente: se nel 2012 il 12,5 per cento degli intervistati dichiarava di aver comprato o venduto azioni nel corso degli ultimi cinque anni, nel 2015 la percentuale scende al 7,5 per cento, pur a fronte di un piccolo aumento di coloro che hanno operato sui mercati azionari negli ultimi dodici mesi.

La banca: di fiducia e online. Quando si parla del rapporto tra risparmiatori e banche, il primo dato di fatto che emerge dall’analisi è il rapporto quasi «in esclusiva» con il proprio istituto: il 78,6 per cento degli intervistati dichiara che la propria famiglia si serve prevalentemente del solo istituto di riferimento, mentre solo il 5,5 per cento utilizza più banche.

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