Il benessere psicologico dei lavoratori italiani

Il 40% dei lavoratori italiani non è del tutto soddisfatto della propria situazione professionale e questa condizione impatta sul loro benessere psicologico. Per tre lavoratori italiani su quattro, le sensazioni maggiormente sperimentate nella quotidianità sono quelle legate ad ansia e stress, e il lockdown dei mesi scorsi ha contribuito ad aumentare le sensazioni di ansia e disagio (+15%), nonché il diffondersi di patologie come l’insonnia (+9%).

Dal punto di vista delle aziende, più del 60% promuove azioni dirette ad aumentare il benessere dei propri lavoratori puntando però soprattutto su flessibilità e/o benefit economici. Ancora poche, invece, scommettono su iniziative volte a sostenere il benessere psicologico dei singoli, ma il 60% dei datori di lavoro si dice intenzionato ad attivare iniziative in tal senso.  

Questo è quanto emerge dall’ultima ricerca BVA Doxa per Mindwork, la prima società italiana per la consulenza psicologica online in ambito aziendale che, in vista della Giornata Internazionale della Salute Mentale in programma sabato 10 ottobre, ha voluto indagare uno dei temi più caldi del post-lockdown: il benessere psicologico dei lavoratori.

In occasione della Giornata Internazionale della Salute Mentale in programma sabato 10 ottobre, BVA Doxa svela i dati dell’ultima ricerca per Mindwork dedicata al vissuto, ai bisogni e ai desiderata dei dipendenti delle aziende italiane. Ad emergere è una consapevolezza su tutte: la forte correlazione tra eventuali disagi registrati sul posto di lavoro e una condizione psicologica non ottimale.

ANSIA E STRESS PER TRE QUARTI DEI LAVORATORI – Per tre lavoratori italiani su quattro, le sensazioni maggiormente sperimentate nella quotidianità sono quelle legate ad ansia e stress. In particolare, le più ricorrenti sono incertezza (45%) e preoccupazione (39%), con una distribuzione omogenea su tutto il territorio nazionale e per tutti i livelli socio-demografici. Sebbene si tratti di una netta minoranza, c’è però anche chi riesce a vivere serenamente la propria vita lavorativa: un lavoratore su dieci, infatti, si dichiara pienamente soddisfatto della propria occupazione e gode di un equilibrio psico-fisico ottimale.

IL LOCKDOWN AGGRAVA UN QUADRO GIÀ CRITICO – Per metà dei lavoratori italiani una tipica giornata di lavoro si accompagna a diversi livelli di stress, che si aggravano all’aumentare del numero di straordinari. Inoltre, un maggiore tasso di incidenza di sensazioni negative si registra tra chi riporta un benessere lavorativo medio-basso. Disturbi legati a stati di tensione quali irritabilità, inquietudine, irrequietezza o, ancora, ansia colpiscono almeno una volta al mese circa un lavoratore su quattro. A queste problematiche si sommano, poi, le difficoltà dovute dall’esigenza di bilanciare efficacemente il lavoro con la propria vita privata: solo un lavoratore su tre afferma di aver trovato questo equilibrio. Infine, il quadro è stato ulteriormente peggiorato dal lockdown dei mesi scorsi, che ha contribuito ad aumentare le sensazioni di ansia e disagio (+15%), nonché il diffondersi di patologie come l’insonnia (+9%).

ASSENTEISMO DAL LAVORO: QUALI CONSEGUENZE? – Quasi un lavoratore su tre ammette di essersi assentato dal lavoro una o più volte a causa di eccessivi carichi di stress ed ansia e questa condizione colpisce in particolare le figure apicali. Da questo quadro, inoltre, scaturiscono anche problemi economici: la Commissione europea, infatti, arriva a stimare in 136 miliardi le perdite in produttività causate dall’assenteismo dal posto di lavoro derivato da malessere psicologico. C’è poi chi ha valutato lo scenario più estremo: il 37% dei lavoratori italiani, infatti, ha lasciato un lavoro a causa del malessere emotivo legato all’ambiente professionale, e questo fenomeno sembrerebbe essere particolarmente comune tra gli under 34.

IL PUNTO DI VISTA DELLE AZIENDE, TRA SFIDE E OPPORTUNITÀ – Di fronte ad un contesto così gravoso reso ancora più complesso dall’emergenza COVID-19, più del 60% delle aziende promuove azioni dirette ad aumentare il benessere dei propri lavoratori puntando però soprattutto su flessibilità (sia in termini di orario, sia di ricorso allo smart working) e/o benefit economici. Sono ancora in pochi, invece, a scommettere su iniziative volte a sostenere il benessere psicologico dei singoli. Eppure lo spazio c’è: oltre il 60% valuterebbe positivamente un’iniziativa in tal senso. Ma attenzione: parlare apertamente di disagio psicologico risulta ancora difficile. Quasi il 50% dei lavoratori, infatti, non si sente libero di dichiarare il proprio malessere. E se con amici e familiari c’è meno reticenza, l’ambiente di lavoro appare ancora un luogo poco adatto in cui esprimere il proprio disagio.

Il quadro è indubbiamente preoccupante, anche se non mancano i segnali positivi: quattro lavoratori su cinque sono soddisfatti delle relazioni che vivono sul posto di lavoro, e il dato trova conferma nel desiderio registrato da molti dipendenti (il 60%) di poter rientrare in sede dopo il lungo periodo di lavoro da remoto.

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