L’innovazione in campo alimentare è una cosa seria per la maggioranza degli italiani: il 76%, infatti, afferma che l’innovazione è importante, e addirittura 1 consumatore su 4 la considera molto importante. Inoltre, l’innovazione è anche una dimensione emozionale: per il 60% degli intervistati è sinonimo di curiosità o esplorazione.
In generale, il 69% dei consumatori preferisce non prendersi troppi rischi e solo il 15% può definirsi un “innovatore spinto”. I “tradizionalisti convinti”, invece, rappresentano una quota pari al 16%.
Per il 37% un prodotto innovativo è un cibo già pronto ma buono e sano, mentre due gruppi pari rispettivamente al 23% degli italiani mettono l’accento sulla sostenibilità e sulla proposta di nuovi sapori prodotti a partire dalla riscoperta di materie prime antiche o dimenticate.
Questo è quanto emerge dall’ultima ricerca BVA Doxa dal titolo “L’innovazione nel food dal punto di vista del consumatore”, che ha fotografato le aspettative e le opinioni dei consumatori italiani sul tema dell’innovazione in campo alimentare. La ricerca è stata oggetto dell’intervista a Daniela Conti, Head of FMCG in BVA Doxa, pubblicata in esclusiva dalla rivista Food nel numero di maggio.
Cibo e innovazione: cosa ne pensano gli italiani? Se da un lato la curiosità verso nuovi sapori e nuove emozioni associate al cibo rivestono un ruolo importante per la maggioranza dei consumatori, dall’altro ci sono le aziende produttrici che devono comunicare in maniera chiara e comprensibile le caratteristiche innovative dei loro prodotti. Questa è la fotografia scattata dall’ultima ricerca BVA Doxa, pubblicata nel numero di maggio della rivista Food, dal titolo “L’innovazione nel food dal punto di vista del consumatore”, che ha analizzato le aspettative e le opinioni dei consumatori italiani sul tema dell’innovazione in campo alimentare. L’indagine è stata articolata su due fasi: la prima, qualitativa, è stata svolta tramite la conduzione di due focus group ai quali hanno preso parte uomini e donne milanesi tra i 28 e i 56 anni aperti alle novità e disponibili al consumo di cibo innovativo; la seconda, quantitativa, ha visto la somministrazione di un questionario a un campione rappresentativo di 600 italiani.
L’INNOVAZIONE È UNO STATO MENTALE – L’innovazione non è soltanto una questione di scienza e tecnica, ma è anche – e soprattutto – una dimensione emozionale. Per il 60% degli intervistati, infatti, innovazione è sinonimo di curiosità o esplorazione, mentre il 21% associa la parola innovazione a emozioni che suscitano fantasia o divertimento. Per il 13%, infine, è scoperta e stupore. Più in generale, l’innovazione è una cosa seria per la maggioranza degli italiani: il 76%, infatti, afferma che l’innovazione nell’ambito alimentare è importante, e addirittura 1 consumatore su 4 la considera molto importante.
Ma che cosa s’intende, in concreto, per innovazione alimentare? Secondo quanto rilevato da BVA Doxa, il gusto resta una componente fondamentale, al quale, però, va associato un forte legame con la tradizione alimentare italiana in un’ottica di ibridazione che punta alla rielaborazione e alla creazione di sapori nuovi e sorprendenti. Per i più giovani, inoltre, è centrale l’apertura ad altre culture e l’attenzione nei confronti della sostenibilità, un tema, quest’ultimo, che costituisce un prerequisito all’innovazione e che insiste su questioni che spaziano dal confezionamento con packaging ecologici alla lotta contro lo spreco.
ITALIANI INNOVATIVI, MA NON TROPPO – La ricerca di BVA Doxa ha suddiviso i consumatori italiani in quattro cluster strutturati a partire dall’analisi dei loro comportamenti di consumo e della relativa predisposizione all’innovazione. A livello contestuale, la maggioranza dei consumatori (il 69%) preferisce non prendersi troppi rischi e si trova spesso a che fare con esigenze contrastanti, come la necessità di seguire una dieta variata ed equilibrata e, allo stesso tempo, di avere a disposizione cibi pratici da utilizzare e cucinare. In questo gruppo di innovatori moderati rientrano il cluster degli “esploratori del giardino” e quello degli “esploratori curiosi”. Per quanto riguarda il primo, che è composto prevalentemente da donne con figli e rappresenta il 42% dei consumatori, l’innovazione è percepita come un modo per portare novità nella cucina quotidiana, introducendo nuovi stimoli nelle ricette di tutti i giorni per modernizzare la tradizione. Al restante 27%, invece, corrisponde il cluster degli “esploratori curiosi”, composto in maggioranza da uomini. Secondo questi consumatori, l’innovazione è un modo per stupirsi e aprirsi a esperienze inedite. Così, l’innovazione viene percepita alla stregua di un gioco per scoprire nuovi sapori, nuovi mondi e nuove culture.
Oltre la maggioranza, però, si presentano due poli opposti. Da un lato, ci sono gli “innovatori spinti”, che corrispondono al 15% dei consumatori. Questo cluster è incarnato principalmente da giovani attenti alle nuove tendenze in campo alimentare e volenterosi di provare tutto quanto ci sia di nuovo sul mercato. Dall’altro, troviamo i “tradizionalisti convinti”, che valgono il 16% del campione. Per loro la tradizione è una cosa seria, e le ricette familiari costituiscono un patrimonio da rispettare e tramandare.
L’IDENTIKIT DEL CIBO INNOVATIVO – BVA Doxa ha poi chiesto agli intervistati di descrivere in modo spontaneo che cosa rappresenta per loro l’innovazione in ambito alimentare. Da un’analisi semantica sono poi scaturite quattro dimensioni che possono essere interpretate lungo un asse con due polarità: da una parte la produzione e la coltivazione, mentre dall’altra il consumo. A differenza dei cluster, che raggruppano i profili e gli atteggiamenti di acquisto, le quattro aree semantiche descrivono le caratteristiche ideali del cibo innovativo secondo i consumatori.
Per il 37% dei rispondenti il prodotto innovativo deve essere “new ready to eat”. In questo caso, dunque, l’innovazione è associata ad un alimento già pronto e facile da consumare, ma che sia anche buono e faccia bene. Il 23%, invece, vede l’innovazione in qualcosa di “eco & safe”, ovvero un cibo prodotto con metodi di coltivazione o allevamento sostenibili, rispettando le persone e l’ambiente e distribuito con packaging ecologici.
Un altro 23% guarda alla cosiddetta “new tradition”, ovvero una produzione alimentare che punta alla scoperta e alla diffusione di nuovi sapori che, allo stesso tempo, mantengono una continuità con la tradizione. In questa categoria rientrano, ad esempio, i prodotti da forno che usano farine derivate dalla macinazione di grani antichi o proposte alternative come la “carne non carne” e il mondo del plant based. Infine, il 17% considera innovativa “la natura nel piatto”. Qui la centralità è per i temi del biologico e della ricerca di cibi salutari.
IL RUOLO DELLE AZIENDE – In questo contesto, quale ruolo giocano le aziende produttrici di cibi innovativi? Secondo i consumatori, le aziende devono guidare i consumatori nel mondo del cibo innovativo. Oltre a garantire fiducia, tecnologia, visione e sensibilità nel cogliere i trend, l’azienda deve aprire la mente del consumatore, stimolandolo e rendendo accessibile la novità. Il ruolo dell’azienda è quindi essenzialmente educativo e, per questo motivo, diventa fondamentale la comunicazione, che deve essere semplice, chiara e diffusa sia sul digitale che tramite mezzi tradizionali.