L’ultima indagine di Gallup International Association (GIA) di cui BVA Doxa è partner, racconta le aspettative della popolazione mondiale sull’economia, la tecnologia e le regole ...
L’indagine Doxa presentata in occasione della prima edizione della B2B Conference promossa da Anes (Associazione Nazionale Editoria di Settore) fotografa uno scenario in rapida evoluzione
Seppur con gradi diversi di intensità e profondità, la maggioranza delle aziende utilizza già proficuamente nuovi strumenti di marketing e tecnologie innovative, spesso con budget e team dedicati. Smart content, lead generation e big data si stanno diffondendo a macchia d’olio, l’intelligenza artificiale non rappresenta solamente un fenomeno di nicchia. Si tratta tuttavia di un mondo a due velocità: da una parte le aziende strutturate e di maggiori dimensioni, che possono investire molto in innovazione; dall’altra parte, le PMI che fanno più fatica a tenere il passo. Uno studio sul tema realizzato da Doxa, e presentato in occasione della prima edizione della B2B Conference promossa da Anes (Associazione Nazionale Editoria di Settore), ha coinvolto un campione di 300 imprese con almeno 10 dipendenti, tramite interviste online (sistema CAWI) a imprenditori e dirigenti di aziende B2B attive nei settori della produzione, dei servizi e della distribuzione, dislocate su tutto il territorio nazionale.
La ricerca ha innanzitutto rilevato alcuni dati generali sul livello di evoluzione raggiunto dalle aziende B2B nell’ambito del digital marketing:
- la quasi totalità delle aziende utilizza strumenti digitali per attività di marketing e comunicazione, ricorrendo ad una molteplicità di strumenti: nello specifico vengono sviluppate campagne SEM (50%), attività di content marketing (46%), comunicazione tramite banner e pop up (44%), concorsi e iniziative promozionali (43%) e azioni di inbound marketing (34%);
- per le attività di web e social media marketing ci si affida prima di tutto alle properties digitali dell’azienda (sito 66% e pagina Facebook 62%), anche se l’impiego di altri social non è residuale (Linkedin 45%, Instagram 37%, Youtube 35%, Twitter 30%).
- il 55% dispone di piattaforme e-commerce per vendere prodotti e servizi online;
- circa l’80% ha un budget definito da investire nel web e social media marketing, potendo contare in media su un team di 3 persone; solo il 16% delle aziende interpellate dichiara di non avere personale dedicato a tali attività.
L’indagine si è quindi focalizzata sulle quattro macro-aree tematiche affrontate nel corso dell’evento. Eccole:
SMART CONTENT — Quasi tutte le aziende (86%) hanno già provveduto ad ottimizzare il sito per consentire la navigazione da device mobili. Si registra un certo ritardo nella personalizzazione dei contenuti: solamente 1 azienda su 3 propone contenuti diversificati in base al profilo del visitatore. Circa il 50% delle aziende ha introdotto sistemi di call to action per capitalizzare il contatto con i visitatori del sito: per attirarne l’attenzione si fa ricorso soprattutto ad approfondimenti tematici (32%) e guide pratiche (30%), in misura solo leggermente inferiore a ricerche e studi di settore (24%), infografiche (23%) e blog di discussione (20%).
LEAD GENERATION — Oltre il 70% delle aziende dichiara di sviluppare attività di lead generation tramite l’impiego di strumenti digitali, anche se nella maggior parte dei casi l’approccio non è sistematico e ci si affida ad iniziative ad hoc. Sono soprattutto le aziende di minori dimensioni (al di sotto dei 50 dipendenti) che fanno più fatica a dare continuità alle proprie azioni. Nel 65% delle aziende i contatti acquisiti vengono raccolti e classificati all’interno di un database, nel 57% dei casi si utilizzano i leads per inviare mail mirate con contenuti rilevanti e informazioni aggiuntive. L’obiettivo primario di tali azioni è la generazione di nuove opportunità di business (attrarre potenziali clienti 50%, attivare nuovi contatti commerciali 48%), mentre le aspettative di un impatto sulla brand equity sono più contenute.
BIG DATA — Per certi versi è sorprendente la quota di aziende che ritiene di utilizzare i big data, di poco inferiore al 60%: sono soprattutto le aziende di maggiori dimensioni ad aver investito in questa direzione. Alquanto variegata risulta la provenienza dei dati in ingresso: il 29% arriva dal web, il 27% da data services, il 25% da social media, il 24% da app aziendali interne, il 24% da IoT e il 22% da piattaforme mobili. Il ricorso agli analytics soddisfa innanzitutto il bisogno di conoscere meglio il mercato di riferimento e fare innovazione: nel 48% delle aziende i big data vengono utilizzati per analisi di mercato e della clientela, nel 43% dei casi allo sviluppo di nuovi prodotti e servizi. IT e Marketing sono le funzione più coinvolte. Si conferma la tendenza delle aziende ad inserire in organico figure altamente specializzate come i chief data officer ed i data scientist.
INTELLIGENZA ARTIFICIALE — La diffusione di chatbot e altre soluzioni di AI ha raggiunto dimensioni interessanti e dunque non si può più considerare un fenomeno di nicchia: il 24% delle aziende utilizzano chatbot, il 34% altre soluzioni di AI. Si conferma tuttavia il gap tra PMI e aziende di maggiori dimensioni. Il focus primario delle aziende che hanno deciso di investire in AI è sull’efficientamento dei processi produttivi: in primis riduzione di errori, difettosità e reclami (41%) e incremento della produttività (40%). Risulta consistente anche la quota di aziende che ha investito nell’intelligenza artificiale per migliorare la qualità di prodotti e servizi (38%). Pur trattandosi del territorio elettivo di azione della funzione R&D, il marketing risulta spesso coinvolto: in 4 aziende su 10 è una delle funzioni che utilizza maggiormente sistemi e soluzioni basati sull’AI.
«Le aziende che hanno investito in nuovi strumenti di marketing e tecnologie innovative difendono le scelte fatte, riconoscendo appieno l’utilità di smart content, lead generation, big data e AI» commenta Massimo Sumberesi, che ha curato e presentato i risultati della ricerca Doxa. «Le aziende italiane tendono a mostrarsi sempre più confidenti con questi temi e la propensione ad investire nei prossimi 2-3 anni è buona. Tutto ciò lascia ben sperare in un superamento dei limiti attuali e in un ulteriore progressione in avanti dell’intero comparto B2B».